Gomorra di Roberto Saviano
Ora è finito sotto scorta per il suo dettagliatissimo libro, Gomorra (Mondadori, pp.333, euro15,50), ha cambiato casa e cellulare, ma non ha perso il suo carattere. Rifiuta le avances di Matrix e Fazio, preferirebbe continuare a girare per i Quartieri Spagnoli. Da anni è impegnato nello studio del fenomeno criminale presso l’Osservatorio sulla camorra e sull’illegalità: «Non sono mai riuscito a sentirmi distante da dove sono nato, lontano dai comportamenti delle persone che odiavo... Nascere in certi luoghi significa essere come il cucciolo del cane da caccia che nasce già con l’odore di lepri nel naso». Per lui la guerra di Secondigliano è il «Vietnam» e le ragioni sono chiare: «La totale assenza di lavoro, l’impossibilità di trovare altra soluzione di vita che non sia l’emigrazione, rende i salari bassi, bassissimi. Non c’è altro arcano, non c’è da fare appello a nessuna sociologia della miseria, a nessuna metafisica del ghetto. Non potrebbe essere ghetto un territorio capace di fatturare trecento milioni di euro l’anno solo con l’indotto di una singola famiglia». Gli affetti diventano «mappe» per colpire l’avversario, mentre da ogni indizio emergono connessioni malavitose col mercato legale, perché il senso di tutto è sempre il denaro, e la paura non ha contorni.
Saviano è un romanziere manzoniano, la sua prosa è ruvida e incalzante, non ha «l’indolenza intellettuale di chi crede che la parola ormai abbia esaurito ogni sua risorsa capace solo di riempire gli spazi tra un timpano e l’altro». Possiede uno humour esistenziale, simile a quello del regista Sorrentino nel film Le conseguenze dell’amore.
(Quotidiano La Provincia 21-11-06)
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