Antologia di E.E. Cummings
Il verso «si gonfierà ansimando come il mare» oppure si ridurrà fino a scomparire in fotogrammi fulminanti (come per i due amici che corrono come «biglie») o in ossimori depistanti («quando il mondo è una meravigliosa pozzanghera»). Il tema amoroso, prediletto dal poeta, trova nei Santi i custodi del sangue innamorato e nella vita «una fragilità / di papaveri», senza essere mai stucchevole, neanche quando si intrattiene con la Primavera, che appende «canarini in gabbia alle finestre dei salotti // primavera sciatta stagione tu» che «hai gambe sporche». E il potere entra senza convenevoli nei versi di Cummings: «i cari vecchi / che governano il mondo(e me e / te se non stiamo molto / attenti)… sdentati… ficcanaso… i noiosi / cari superflui calvi / ve / cchi», oppure dove «Jehova sepolto, Satana morto, i / pavidi adorano Presto e Molto; / il male non più giudicato male, / mansuetudine per bene equivale… Eternità è Piano Quinquennale».
Così, dalla prima raccolta, «Tulipani e camini» (1923), e dal manifesto della sperimentazione americana che è stata la poesia «in Just-», si passa ai «bellissimi elefanti» e ai «girini» del ‘25, alle «mani assassine» e alla celebre prefazione a «is 5» che recita: «Presumendo che la mia tecnica sia complicata o originale o tutt’e due, gli editori mi hanno gentilmente chiesto di scrivere un’introduzione… Pari al comico, io amo soprattutto quella precisione che crea movimento. Se un poeta è qualcuno, è qualcuno cui importa cordialmente poco delle cose fatte – è qualcuno ossessionato dall’idea del Fare. Come tutte le ossessioni ha i suoi vantaggi; per esempio, il mio solo interesse a far quattrini sarebbe di farli. Per fortuna però preferirei fare qualsiasi altra cosa, comprese le locomotive… Mentre i nonfacitori si devono accontentare del semplice fatto innegabile che due più due fa quattro, il poeta gode una verità puramente irresistibile». E così il verso si fa «tango», fino alla raccolta del 1963, «73 Poems»: l’arte non è semplice stupore davanti a «ogni friabile meravigliosa cosa che respira», non è solo «mammole» e «mughetti», è qualcosa di scattante che fa attrito, che si muove, che parla anche di «serotina» e «orecchie… appiccicate male». Nei testi più complessi e maturi, la metrica diventa un gioco virtuoso, ma non ci lascia mai orfani di un significato. Cummings ci offre un esempio di rischio e di ricerca, un modello di stile.
Per finire, nell’introduzione ai «Collected Poems» del 1938, l’autore tocca temi capitali, «anticoncezionali» («tu e io non siamo degli snob. Non possiamo mai nascere abbastanza»), dichiarando il primato del presente e confessando, col sarcasmo che lo contraddistinse sempre: «per noi, una montagna è un mammifero… un ricordo di miracoli». Una poesia difficile e insieme aperta al lettore, divaricata, fino all’epilogo sull’origine del mondo («quando dio decise d’inventare / tutto fece un sospiro / più grande di un tendone da circo / e tutto incominciò») e della morte («è strettamente / scientifica / & artificiale & // maligna & legale… perdonaci,o vita!il peccato della Morte»).
Lettore, «scordandoti di me, ricordami», così continua a congedarsi Cummings, penetrando negli «spigoli» della vita.
“Gazzetta di Parma” 27-06-06
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