Nuovi narratori italiani


La giovane narrativa italiana è inquieta, «nebulosa» l’ha definita uno dei suoi protagonisti, Wu Ming. New Italian Epic raccoglie i «contributi dalla diaspora intellettuale italiana» e avanza proposte. Due temi: «la morte del Vecchio, ossia il nostro ritrovarci orfani… ed essere a nostra volta fondatori», e «la dimensione perturbante degli oggetti narrativi non-identificati», quei libri che slittano dalla cronaca al racconto, dal giallo al fantasy. Una migrazione di scrittori e la rottura del modello precedente, compiaciuto e rassegnato: «riguardano imprese storiche o mitiche, eroiche o comunque avventurose…sugli sfondi di crisi storiche, catastrofi. Spesso il racconto fonde elementi storici e leggendari». Una letteratura eccentrica, che forse cerca di riallinearsi al pubblico, oltre «la rivendicazione del non prendersi sul serio come unica linea di condotta». «Esistono due filoni nella narrativa recente, uno attento alla realtà e ai luoghi, l’altro che ha prospettive psicologiche», sostiene Mario Desiati, scrittore e direttore editoriale Fandango, per anni caporedattore di Nuovi Argomenti: «Abbiamo appena pubblicato tredici racconti spietati sulla famiglia di Gaia Manzini». Giulio Mozzi, consulente editoriale, riscatta il ruolo della fantasia: «Mi incuriosiscono i romanzi popolari (da Mazzucco a Mazzantini, a Brizzi) libri cospicui che, al di là della qualità letteraria, raccontano miti del presente. Mi colpisce chi sfugge al realismo: Laura Pugno (in Sirene, queste creature vengono allevate per la qualità della loro carne), Leonardo Colombari con Perceber, Tommaso Pincio e Massimiliano Parente. La macinatrice è un racconto ossessivo. Canti del caos di Moresco è un altro libro favoloso. Il romanzo realistico, invece, procede per tipologie e tende all’astrattezza: Robinson Crusoe è realista ma non va mai di corpo».

Una menzione speciale va a Roberto Saviano, per l’impegno civile, e alla raccolta dei racconti di Antonio Pascale, La manutenzione degli affetti. Giorgio Vasta, palermitano del 1970, consulente editoriale di Bur e insegnante alla Scuola Holden, ha pubblicato l’anno scorso per MinimumFax il suo primo romanzo: «Parlano gutturali, gastrici, una continua raschiatura di parole nella gola e nella pancia. Esclamano. Il palermitano è una lingua esclamativa. Accade qualcosa, un fenomeno qualsiasi, e il palermitano comincia subito il suo assedio. Spesso è una sola frase ripetuta modificando l’intonazione, in litania… Ma sempre nella minaccia, nella rabbia. Perché per il palermitano dialettale ogni fatto è orrore». La terra vista dalla luna di Claudio Morici, invece, inizia in un reparto psichiatrico: lui nevrotico, lei reduce da un'overdose. Un'incontro che sposta la scena in Messico, alla ricerca della ragazza scomparsa che progetta un «turismo sessuale sostenibile». Marco Mistrali, infine, nato a Rimini nel 1981, ha vinto il Campiello con il suo primo romanzo, Senza coda (Fanucci 2005). Esiste da tempo, invece, una tendenza narrativa anche nella poesia, e qualche poeta, come Mary B. Tolusso, ha già collassato nella prosa.

Commenti

  1. E' necessario secondo me inserire dei distinguo. Giulio Mozzi, su 'Vibrisse' il suo blog, ha da poco pubblicato un intervento a proposito del concetto di 'autofiction', che sarebbe da intendere come una forma autobiografica ma reinventata nella narrazione, dove insomma l'io narrante si reinventa attraverso al mitopoiesi. Ora secondo me tutto ciò (e Mozzi ci coinvolge una buona fetta degli autori che citi) non ha nulla a che vedere con il NIE che invece ricostruisce completamente la centralità dell'opera a scapito della scomparsa dell'io (Wu ming è esemplare). Quindi insomma la situazione mi sembra differente da quella omogeneità che mi sembra tu descrivi.

    RispondiElimina
  2. "Autofiction" è un neologismo accattivante ma rimanda a esperienze letterarie già consolidate dalla tradizione. L'intervento di Mozzi mi sembra invece interessante perché introduce il tema della fantasia. NIE è decisamente stimolante, ma gli autori che cita non danno sempre i risultati sperati (...) forse la teoria è giusta ma gli attori sono sbagliati.
    Se la produzione editoriale italiana non ti sembra omogenea, non so cosa dire. A me pare che l'appiattimento sia evidente in ogni declinazione. Devo dire che i libri migliori che ho letto negli ultimi anni non rientrano in linee o gruppi specifici

    RispondiElimina
  3. Tutti nomi condividibili. Un articolo molto sensibile. Anche l'ultima segnalazione, Mary Barbara Tolusso, è davvero interessante e, a distanza di mesi, ne hanno scritto anche Tuttolibri e Sole24Ore...

    RispondiElimina
  4. Salve! Vorrei segnalare, se può interessare, l’intervista che Mary B. Tolusso ha concesso al nostro blog. http://leragazze.wordpress.com/2010/10/12/intervista-a-mary-b-tolusso/

    RispondiElimina

Posta un commento

Post più popolari