IPOTESI DI FELICITÁ
con Vivian Lamarque, Milo De Angelis, Mario Santagostini e Paolo Di Paolo a Leggermente, Lecco 16 marzo 2018
alla Sala del Grechetto/Sormani con Maurizio Cucchi e Alessandro Pancotti, Milano 17 aprile 2018
Mattinata larga,
Paratassi, L’ombra della salute, e ora quest’ultimo, Ipotesi di felicità. Quattro libri - con Paratassi, di cui forse sanno solo gli happy few, per usare un’espressione cara a Montale - nell’arco di
diciotto anni. L’esigenza quindi di pubblicare poco, pazientemente, con
perizia. Un atteggiamento che stride con questi tempi in cui, perfino autori
affermati, pubblicano voracemente.
«Mi
piace riscoprire accentazioni picare e materiche grottesche… L’immagine nasce
dalla combinazione sillabica. Per questo la cura del testo è sostanziale. Non
deve procedere seguendo stili prêt-à-porter, ma aderendo all’immagine come se
fosse tutto vero. Per dare conto del nostro presente, possiamo accelerare le
cadenze, perché si avvertano i dislivelli dell’esistenza, e lasciare intuire un
senso di cammino collettivo… Un poeta sonnambulo come me può apparire un
testimone distaccato ma il suo intento è comprimere il linguaggio nel punto
dove l’impulso lirico si strofina contro gli oggetti, da qui il momento breve e
verticale, in cui l’immagine si addensa». Con queste parole Alberto Pellegatta,
in occasione del convegno «Velocità della visione» del 2016, distingueva il suo
lavoro in poesia. E in questo libro sembrano prendere forma tutte le
affermazioni precedenti, come in «un buio congegno di impulsi» in cui il sogno
del poeta - che è fatto di parole - diventa cantabile.
La
natura è un verbo, un’allegoria, uno stampo, un lavoro di sbalzo, ci ricorda
sempre Baudelaire. Da cui non rafforzare un concetto di sacro nel caso di
Pellegatta, ma anzi non riconoscere altro fine che la conquista della felicità,
sia anche e solo, appunto, una ipotesi. Potrei parlare di uno sfrenato
desiderio di congetturare («Cosa vorranno da me? Dove avrò sbagliato? Farò
funzionare le loro sveglie», «Non solo questo travestimento finale») unito a un
rigore formale che fa sì che ogni parola trovi giustificazione, anche quando
allusiva e mistificatrice o casta ma spietata.
«Ma
per disobbedire alla natura… non per ritrovare / l’equilibrio, non per creare
piazze o tendenze» affinché a «poco a poco / diventi libertà» è necessario che
questo addensamento dell’immagine tolga gli ormeggi, rompa i guinzagli, o
meglio ancora si scrosti, riesca cioè a emanciparsi dal significato, ed è
questo che rende la poesia di Alberto Pellegatta così lontana da chi non è
disposto a concedere questo distacco. Quando afferma: «aderendo all’immagine
come se fosse tutto vero», ecco che nascono quei versi perfetti che sono già
delle poesie autonome dentro le poesie stesse, e tutto ciò è possibile facendo
poesia in presa diretta, aderendo all’immagine come se fosse vera, sublimando
il significato della parola: liberando la parola stessa dall’utilità immediata
o convenzionale, dall’abitudine.
«Per
certi morti la civetta è un fiore», cosa mai vorrà dire? Eppure, anche se non
ne capiamo il significato, ne riconosciamo la bellezza. Non potrebbe essere un
fiore su una tomba di un cimitero che assomiglia a una civetta? Ammesso che ci
importi saperlo, scoprirlo.
«Cieli
flessibili, risalite i litorali / come tori gelosi», non potrebbe essere una
giornata di mare ventosa sulla spiaggia quando le nubi sembrano seguire la
costa, rincorrendosi come tori pronti a caricare? Non sembrano, non sono forse
proprio dei tori quelle nuvole minacciose, «gelose» e quindi impazienti poco
prima del temporale?
«Non
soltanto mobili da giardino / ma scene di ascelle e braccioli. / Presto un
cieco colorerà fuori dai bordi / e i cani torneranno a volare», potrebbe essere
come in quei primi disegni che fanno i bambini, dove è possibile vedere il
tentativo del ritratto della famiglia con il cane, che magari non è
perfettamente proporzionato e magari è disegnato sollevato da terra a mezza
altezza nel foglio. Non sta forse volando per davvero quel cane, colorato fuori
dai bordi?
«I
tuoi occhi erano fondali / Senza audio. I pensieri coralli. Piangendo gonfiavi
le maree». Il verso finale qui ci svela un pianto ma non potevamo già
immaginare qualcosa da «i tuoi occhi erano fondali»? Non poteva già bastarci la
poesia? È necessaria, questa mia interpretazione?
O
ancora: «Statue senza colori indicano le finestre / hanno acconciature anni’70
/ dei loro poeti / ci sembra più vicino Cavalcanti», qualcuno vuole provare? E
poi: «Molta estate tra le foche», «Il cielo si abbassa sotto l’abbaiare dei
cani».
Per
esempio, la poesia che è sul retro di questo libro («Spaesato può diventare /
sommergibile, mentre la città / piatta come un poster / pattina via simmetrica
- / con le sue miniature violente»), credo che sia una delle più belle poesie o
addirittura descrizioni di Milano. E a volte spaesati siamo un po’ tutti in
questa città che corre, «pattina via», comunque sia, «simmetrica»,
regolarmente, che sembra avere da tempo dimenticato la sua storia, in continuo
cambiamento, in favore di pose piatte, ferme alla superficie, patinate: da
poster. E allora ci si può sentire a disagio, - e i poeti sono più deboli degli
altri, registrano tutto sismograficamente ma hanno anche più forza… -, e allora
si preferisce a volte diventare sommergibili piuttosto che districarsi tra le
sue miniature violente fatte di dinamiche affaristiche, tra chi desidera
atteggiarsi ma resta una miniatura.
Il
protagonista di questo libro è il linguaggio, quella di Pellegatta è una
ricerca priva di illusioni - a proposito proprio della ricerca della verità
attraverso la poesia. Una concezione di poesia che rifugge “la vita in versi” e
cerca immediatamente una sublimazione, per non concedere inestetismi insopportabili,
che potrebbero fare arrossire l’autore. «Magari gialla, come un fiume interrato,
ma potabile»: può non piacere ma
l’originalità di questo lavoro e la qualità di questa poesia sembra non
assomigliare a quella di nessun altro poeta italiano, e possiede i suoi fari
tra gli esempi più alti, da Rimbaud, che a Pellegatta sembra stare sottopelle
(più il Rimbaud delle Illuminazioni)
fino a Eliot (più ne La terra desolata),
in questo ultimo caso, direi per la lezione di assemblaggio di frammenti in
grado poi di creare un corpus. Nel suo «fiume interrato ma potabile» scorrono
richiami a tutta la grande tradizione della letteratura del nostro paese e
straniera anche più recente - si veda Oltremanica Happiness di Jack Underwood -, nell’idea di una coralità finanche
di tutte le arti. Che Pellegatta per altro frequenta scrivendo di pittura e
scultura criticamente. Cercate i cataloghi che ha curato.
Non
credo sia importante capire una poesia, ma permettere all’immaginazione di
attivarsi. Lo si è definito un po’ surrealista, ma credo che Pellegatta sia
l’ultimo simbolista o il primo di questi, in questi anni - se proprio si vuole
trovare una suggestione artistica di questo tipo. È un poeta di impegno civile
e politico dissimulato, le sue chiose a volte sono vere esortazioni,
conclusioni criptiche; alcune sue poesie hanno il tono di precetti, in cui è
evocato il suo disappunto, per una condizione della società che vorrebbe
diversa o auspicabile; e accanto, situazioni di ogni giorno, rappresentate da
piccoli fastidi, con diversi innesti che potrebbero appartenere perfino a
possibili confessioni paradossali da articolo di cronaca nera, come nel verso: «L’ho
ucciso perché fumava sotto le mie finestre».
La sezione «Fine della geografia» si apre con la citazione: «Tutti partecipano
al governo, anche i malinconici / che si sono suicidati per una pena d’amore».
Per
quanto la sua poesia abbia nel verso e nelle strofe la sua forza, e anche
questo la distingue per eleganza formale da molta della poesia contemporanea, nella
quale la suddivisione strofica non si vede se non di rado, in questo libro la
sezione «Zoologiche» si caratterizza dalle altre per l’utilizzo della prosa
poetica. Leggendo queste prose sugli animali mi è tornato alla mente un
racconto che ha però ben poco di orfico, intitolato L’elefante, il cane… di Charles Fourier. Un filosofo francese
vissuto a cavallo tra Settecento e Ottocento che aveva teorizzato una sorta di socialismo
utopistico. Forse ho trovato delle affinità tra Pellegatta e questo filosofo? E
forse non solo per il suo bestiario fatto di animali sociali disinfettati dal
lirismo.
Infine,
il poemetto che dà il titolo al libro, in cui il poeta, pur sempre sorvegliato,
cede al sentimento e, in prossimità del precipizio, con cadenza barbiturica,
quasi in grado di non arrestarsi, attraversa i sei movimenti che lo compongono
con la consapevolezza crescente che, se «alla fine annegano», ora «Non posso
scrivere meglio di così».
Forse
è vero che «siamo qui solo per l’italiano», anche se non è «un disturbo del
sonno», anche se gli aerei non sono sufficienti a volte, ma essere qui è già
molto, è già una ipotesi di felicità. Per arrivare a scrivere «in codice, senza
verbi… come scriveremo tra decenni… pressioni di cerbiatti sulla neve». E
comunque «il discorso deve essere interrotto / per diventare sopportabile».
Altrimenti ci si emoziona.
Alessandro Pancotti
presentazioni alla Casa della Cultura di Milano (video qui) e a Tempo di Libri (TdL) con Elio Pecora
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recensito sull'ultimo numero di Caffè Michelangiolo
recensito sull'ultimo numero di Caffè Michelangiolo
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Nuove recensioni su LaProvincia (Varese, Como, Lecco, Sondrio) del 21/3, su QN/Il Giorno del 19/2, oltre all'intervista su PARCOPOESIA (http://www.parcopoesia.it/uno-dei-linguaggi-della-felicità-umana) e al passaggio su RADIOPOPOLARE: http://www.radiopopolare.it/podcast/percorsi-perversi-di-dom-2502
RispondiEliminarecensito da Matteo Zattoni su Blanc de ta nuque: https://golfedombre.blogspot.it/2018/05/matteo-zattoni-su-alberto-pellegatta.html
RispondiEliminacitato su Avvenire del 6 maggio (pagine Album) insieme a Magrelli e Majorino
RispondiEliminasulla rinata e bellissima rivista PULP, recensione di Elio Grasso: http://pulplibri.it/article/ipotesi-di-felicita/
RispondiEliminaIn Svizzera: https://www.tio.ch/speciali/poestate/1257370/le--ipotesi-di-felicita--di-alberto-pellegatta
RispondiEliminaLa mostra di un giovane artista curata da Alberto Pellegatta a MACAO: http://www.macaomilano.org/spip.php?article697
RispondiEliminasu CRITICA IMPURA Sonia Caporossi: https://criticaimpura.wordpress.com/2018/07/03/poesie-di-alberto-pellegatta-da-ipotesi-di-felicita-mondadori-2017/
RispondiEliminaen COSMOPOETICA: http://www.cosmopoetica.es/alberto-pellegatta
RispondiEliminaI libri per le vacanze su Gaypost: http://www.gaypost.it/5-libri-lgbt-vacanze
RispondiEliminaanche su QUEERGRAPHIES: https://queerographies.com/2018/08/03/ipotesi-di-felicitaalberto-pellegatta/
RispondiEliminasul sito di Leggermente: http://www.leggermente.com/alberto-pellegatta.html
RispondiEliminaArticoli in Spagnolo: https://www.redib.org/recursos/Record/oai_articulo1244383-alberto-pellegatta-mil%C3%A1n-1978
RispondiEliminaSu Correlazioni recensito: https://correlazioniblog.wordpress.com/2017/06/27/alberto-pellegatta-una-ipotesi-di-felicita/
RispondiEliminaSpettacolo Musica e Poesia: https://vimeo.com/301176880
RispondiEliminaalla Biblioteca Universitaria di Pavia: http://news.unipv.it/?p=38336
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